
Il caffè potrebbe presto diventare un bene di lusso o addirittura sparire dagli scaffali dei supermercati europei a causa della crisi climatica. Secondo alcuni recenti studi, la crescente deforestazione e l’emergenza del clima potrebbero avere un enorme impatto sulla produzione, sulla disponibilità e sui prezzi della bevanda entro il 2050, quando è previsto che solo la metà delle zone in cui attualmente cresce la pianta da cui è ricavata sarà adeguata alla coltivazione.
Il caffè necessita di condizioni climatiche precise per poter crescere, con temperature costanti fra i 18 e i 21 gradi, tassi di umidità stabili e precipitazioni regolari ma non troppo abbondanti. Al contrario, la crisi climatica sta causando eventi meteorologici imprevedibili ed estremi come l’innalzamento delle temperature, l’aumento di alluvioni e tempeste di acqua e la diffusione di malattie e parassiti delle piante.
Il Brasile, che da solo è responsabile del 40% della produzione mondiale, sta affrontando una delle peggiori siccità degli ultimi decenni. In Costa d’Avorio, al contrario, le forti piogge hanno costretto il Coffee-Cocoa Council a sospendere la vendita dei contratti d’esportazione. In ultimo, in Vietnam – principale produttore del chicco di caffè Robusta – il tifone Yagi ha devastato molte piantagioni e interrotto le catene di approvvigionamento globali.
Se queste sono le premesse, è molto probabile un aumento del costo del caffè nei prossimi mesi. Già nell’ultimo anno la miscela Arabica ha avuto un incremento superiore al 60%, mentre quella Robusta di oltre il 90%. Secondo Assoutenti, una tazzina di caffè al bar potrebbe arrivare a costare anche 2 euro: in alcune città, d’altronde, bisogna spendere già 1,50 euro (circa il 15% in più rispetto al 2021).