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La generazione z e la dipendenza digitale

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generazione z e dipendenza digitale
L’indagine del movimento etico digitale

Secondo un’indagine del Movimento Etico Digitale una percentuale considerevole di ragazzi (82%) trascorre oltre 5 ore al giorno davanti agli schermi, incluso il tempo dedicato a telefoni, computer e smart Tv. Ciò suggerisce che otto giovani su 10 del campione intervistato dedica una porzione significativa della giornata all’interazione con dispositivi digitali calcolata in circa 3 mesi interi all’anno.

Oltre la metà dei giovani (55,1%) ha tentato di ridurre il proprio utilizzo di internet. Questo è anche un indicatore di una crescente consapevolezza del rischio di dipendenza dai media digitali. Il fatto che il 30,1% riconosca il bisogno di moderare l’uso di internet ma non abbia ancora agito in proposito, potrebbe segnalare la difficoltà di interrompere comportamenti abituali, nonostante la consapevolezza dei loro effetti. Il 14,8% che non sente il bisogno di limitare il proprio utilizzo di internet potrebbe indicare una varietà di motivi che vanno da una gestione equilibrata del tempo online alla totale mancanza di percezione del problema.

Lo studio dell’ISS

Secondo i dati di un recente studio sulle “Dipendenze comportamentali nella Generazione Z”, realizzato dal Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità, emerge che nella popolazione scolastica tra 11 e 17 anni il rischio di disturbo da uso di videogiochi vede coinvolto ben il 12% degli studenti (circa 480mila studenti italiani). Il genere maschile è più colpito, con il 18% negli studenti delle secondarie di primo grado e il 13,8% negli studenti delle superiori; contro il 10,8% nelle scuole medie e il 5,5% nelle scuole superiori per le femmine. Rispetto all’età, la percentuale di rischio maggiore si rileva nelle scuole medie con il 14,3% dei ragazzi a rischio, mentre il dato scende al 10,2% alle superiori.

L’articolo di Jonathan Haidt

Un recente articolo dello psicologo americano Jonathan Haidt “End the phone-based childhood now” ha ravvivato il dibattito, negli Stati Uniti e non solo, sul rapporto fra salute mentale degli adolescenti e tecnologia. In breve, Haidt sostiene che l’utilizzo degli smartphone e dei social network sia correlato all’aumento di depressione, ansia e autolesionismo tra i giovani della Generazione Z (i nati tra il 1995 e il 2010), il cui tempo trascorso offline si è ridotto, condizionandone negativamente la quotidianità.

L’opinione di Cecilia Iannaco

Di diversa opinione è Cecilia Iannaco, psicologa, psicoterapeuta e Vice presidente del Network europeo per la psichiatria psicodinamica Netforpp, secondo cui non è possibile stabilire una correlazione causale tra l’uso di internet e la malattia mentalele, mentre le difficoltà sono da ricercare a monte, nel rapporto con la famiglia fin dalla nascita e, in generale, nella qualità dei rapporti umani.

Quale che sia la verità è evidente che un ruolo attivo e responsabile dei genitori sull’uso dei dispositivi, nella limitazione di orario, durata e contenuti, ma anche e soprattutto fruizione consapepevole degli stessi, resta necessario per garantire il benessere dei ragazzi, specialmente dei più piccoli.

Fonti: Il Sole 24 ore e Secondo Welfare